sabato 20 novembre 2010

Un'altra storia...gelese

Siamo i giovani gelesi. Ragazzi cresciuti durante la guerra di mafia, che ha visto come palcoscenico principale le strade della nostra città. Strade in cui molti di noi sono cresciuti, vivendo e vedendo cosa realmente è stata Gela. Una città, che ricordando tempi lontani, ci rimanda a una colonia greca florida culturalmente e storicamente ricca. Guardando il presente, Gela sembra aver perso quello smalto che la storia le aveva lasciato. Assistiamo giorno dopo giorno ad una precarizzazione sempre maggiore della vita e di una socialità sempre più difficile da vivere e comprendere. Si tende sempre di più ad una società basata sull'individuo, senza avere la minima possibilità di collettivizzare bisogni e problemi. Viviamo in un territorio in cui il lavoro precario è una costante. Una costante negativa, dovuta a una mancanza di politiche economiche che avessero come fine quello di uno sviluppo concertato con i veri bisogni della città. Siamo posti di fronte a una realtà paradossale, che da un lato ci mostra una multinazionale come l'ENI, che, come legge capitalista impone, ha apportato più danni che benefici, vedendo nel nostro territorio solo una risorsa da esaurire, dando il miraggio del progresso, non seguito da un effettivo sviluppo. Dall'altro, ci troviamo di fronte a quotidiani esempi di disperazione, che portano un padre di famiglia a mettere in vendita i propri organi vitali perchè non riesce ad andare avanti. In questo circuito della corsa al pezzo di pane è la malavita organizzata che ne esce vincitrice. Con le mesate che assicura, la mafia rappresenta l'azienda con più introiti e con più addetti ai lavori. Siamo dell'idea che fino a quando i problemi locali verranno trattati come situazioni di emergenza e non ci si batterà per delle politiche di crescita economiche e sociali costanti, fino a quando non verranno impedite candidature sporche, il problema Mafia S.p.a rimarrà irrisolto.

Per questo, è inoltre necessario porre fine alle dinamiche del “fai da te” per un ritorno personale. È un dovere della politica locale modificare un linguaggio, che ad oggi ha avuto come risultato un meccanismo individualista. Siamo stati spettatori di candidature basate sul meccanismo del voto di scambio, che non hanno riguardato necessariamente logiche mafiose, ma che si sono strutturate per la semplice corsa alla poltrona, facendo leva sulla precarietà della vita. Per troppi anni ci sono state raccontate favole a lieto fine. Favole fatte di parole come legalità, antimafia e sviluppo. La realtà è ben diversa. Rispetto ai proclami lanciati durante le campagne elettorali, a nostro avviso, non vi è stato quel Rinascimento promesso. In città, riscontriamo ancora quel senso di indifferenza, di distacco dai problemi di ogni giorno, che mette in secondo piano il bene comune.
Crediamo che la politica debba ritornare ad avere il ruolo sociale che ha smarrito nel corso degli anni, riabilitando il ruolo del singolo cittadino ad attore protagonista e non a semplice elettore, chiamato in causa solo nel momento del voto. La politica dovrebbe farsi dovrebbe farsi portavoce dei bisogni dei cittadini, aprirsi al confronto in assemblee pubbliche. Riappropriandosi di quel contatto col territorio che ha causato la perdita di fiducia nelle istituzioni e il dilagare del qualunquismo.

In contrapposizione al modello andato di moda fino ad oggi, vediamo nei cantieri una possibile alternativa. Dei laboratori sociali, politici e culturali. Il mezzo con il quale rendere attiva la collettività gelese, ritornando così a un modello di democrazia partecipata. In quanto cittadini futuri, crediamo che la base dei cantieri debba essere rappresentata da noi giovani. Crediamo inoltre che i cantieri come luogo di confronto, potrebbero riempire quel voto culturale dato dalla mancanza di socializzazione che viviamo a Gela. L'opportunità che ci si sta ponendo davanti, potrebbe essere la breccia contro i muri che ci sono stati posti nel corso degli anni. Dei muri che ci hanno privati di poter esprimere le nostre qualità, e di conseguenza, di non poter immaginare un futuro nella nostra città. Vorremmo che a questo progetto prendessero parte coloro che vedono Gela, come un bene comune.

Gela, 19 Novembre 2010
in occasione dell'incontro "Gela bene comune"
assemblea dell'associazione "Un'altra Storia"